EL LOCO NEL MONDO

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Uno stile di vita

lunedì 15 febbraio 2010

BORNEO....3 Mesi attraverso il Sud Est Asiatico....

Tratto dall'articolo scritto per la rivista lunare "SPIRITO LIBERO"

I nostri sogni a volte ci spingono a percorrere strade incredibili, strade nell’immaginario che ci fanno fare piu’ delle volte grandi imprese anche se a volte incontriamo delusioni sul percorrerle, ma sempre abbiamo la fortuna di scoprire la realta’di questo nostro fantastico Pianeta.


Dopo aver lasciato alle mie spalle la bellissima isola dello Sri Lanka; Singapore la piu’ organizzata citta’ del Sud Est Asiatico e le belle isole Langkawe nel nord della Malesia ormai diventate (purtroppo) covo di turismo di massa armato di crema solare, eccomi all’inseguimento di un grande mito della mia generazione, “La Tigre della Malesia, Sandokan” che con le sue avventure, in sieme all’inglese Janez, tanto mi ha fatto sognare quei posti cosi’ lontani, quelle fantastiche foreste del Borneo, rifuigio di tribu’, tagliatori di teste, animali tropicali e incredibili piante carnivore.

Con un breve volo areo dalla Malesia in un batter di cilia metto piede all’aereoporto di Kota Kinabalu nell’estremo nord del Borneo, nella regione di Sabah chiamata anche “terra sotto vento” per essere a sud delle zone colpite dai monsoni. Questo territorio del Borneo e’ bagnato da tre differenti mari, il mare cinese, di Sulu e di Celebes covo ancor oggi di pirati provenienti dalle non lontani isole delle Filippine.. Sabah e’ formata da pianure palustri, jungla tropicale, territori ormai per la gran parte deforestati e coltivati con coltivazioni intensive di palma da olio, secondo piu’ importante reddito del paese dopo il petrolio.

Lo scenario di mille fantasie e sogni di foreste selvagge ha lasciato lo spazio a coltivazioni, disboscamento, parchi naturali dove nella maggiore gli animali sono riunchiusi in zoo e dove all’entrata si trova sempre un ufficio che rilascia un permesso sotto pagamento di un biglietto d’ingresso (non a buon mercato).L’intero paese e’ controllato dai tour operetor locali che ne fanno da padroni e insieme al goverlno dettano i prezzi. Qualsiasi attivita’ solitaria e’ vietata, per tutto c’e’ un permesso, un biglietto di ingresso che e’ sempre il doppio, triplo e a volte di piu’ rispetto a quello dei locali.

A circa due ore da Kota Kinabalu ho raggiunto una delle montagne da me tanto immaginata e desiderata, la piu’ alta cima del Sud Est Asiatico il “Monte Kinabalu” che con il Low’s Peak arriva a 4101 m, una enorme formazione granitica a panettone che si inalza immezzo a una foreste umida tropicale tra forti correnti di vento. Quanti libri di avventurieri e alpinisti che ritraggono bellissime imprese risalenti agli anni ’70 ho sfogliato, immaginandomi in scalate mozzafiato. E ora eccomi li, con il naso all’insu’ verso la cima avvolta dalle bianche nuvole mentre con delusione scopro che ormai da diversi anni questo luogo e’ diventato una sorta di “Luna Park” per turisti, con tanto di entrata e gabbiotto per pagamento pedaggio tipo asutostrada, dove rilasciano il permesso di ingresso nel parco sotto forma di tesserino da appendere al collo tipo quelli che danno alle fiere e simposium. La prima parte del parco ai piedi del monte e’ disseminato di edifici, hotel, costose Guest House, ristoranti per turismo organizzato. Per poter accedere alla vetta tramite un sentiero ben tracciato senza nessun tipo di passaggio tecnico bisogna aquistare quello che viene definito permesso di scalata, prenotare obbligatoriamente un letto in uno dei tanti ostelli sul percorso per la notte di bivacco e affittare una guida per l’ultimo tratto, dai 3500m alla vetta, il tutto per un costo (se non si fa tramite agenzia) di circa 130 Euro per un giorno e mezzo di ascensione. Waoooo!!! Ma dove e’ finita l’avventura? Eppure questa era una montagna un tempo definita una delle piu’ belle avventure del Sud Est Asiatico....Purtroppo piu’ passa il tempo, piu’ il mondo si globalizza, e sempre meno rimane per quei pochi avventurieri e sognatori alla ricerca di forti emozioni senza dover pagare un biglietto d’entrata...

Come il Monte Kinabalu anche i tagliatori di testa sono diventati un circo per turisti e la gran parte dei loro territori hanno lasciato il posto alle multinazionali del legname e del petrolio, a orde di cinesi e filippini che hanno invaso questi luoghi creando terribili moderne citta’, asfaltando lunghe lingue di terra un tempo vergine. Le famose danze al raccolto alla guerra al matrimonio sono diventate una sorta di danza per turisti alla ricerca dello scatto fotografico perfetto......

Percorrendo in autostop la careggiata verso nord est mi imbatto in un cartello stradale su cui leggo:”Sandakan 130 Km”, mi ricorda subito il mio grande eroe di infanzia, cosi decido a pollice alzato di raggiungere questo luogo lungo la costa Nord Orientale del Borneo.

Sandakan e’ una vivace citta’ di porto e confine in quanto la sua costa dista non piu’ di un giorno di barca dalle isole delle Filippine. E’ protetta oltre che dal mare dalle alture circostanti, la citta' si e’ estesa con incredibili colate mal distribuite di cemento. Fino alla fine del 1970 Sandakan aveva vissuto un forte boom economico, era la timber town e vantava la seconda concentrazione di miliardari del mondo. Ancor oggi e’ un porto attivo per la commercializzazione del legname, del bambu’, della copra o nidi di rondine.

In realta Sandakan stava ad indicare il nome della baia ma l’avventuriero scozzese William Cowie, che commerciava in armi con i filippini, battezzo’ l’originario villaggio, oggi citta’, con il nome della baia, ma per gli indigeni era soltanto Kampung German, perche’ abitato per lo piu’ da contrabbandieri tedeschi. Prese il suo nome definitivo di Sandakan nel 1885 quando divenne la capitale del British North Borneo. I commerci con la Cina e Homg Kong hanno favorito l’imserimento di una forte comunita’ cantonese, questo motivo dei numerosi templi buddisti.

Nella seconda guerra mondiale fu occupata dai giapponesi, come gran parte del Borneo, e quasi completamente distrutta dai bombardamenti Alleati, tuttavia fu ricostruita in tempi rapidissimi grazie a imprenditori cinesi.

Tolto qualche edificio storico fortunatamente non distrutto, come la chiesa anglicana di St. Michael and all Angels, l’intera citta’ oggi sembra un intero quartiere popolare con enormi edifici squadrati e inferiate.

Dopo aver scoperto a mio malin cuore che le tante tribu’ da me sognate come ormai in gran parte del pianeta hanno lasciato il posto a hamburger e coca cola....Dopo una breve visita all'isola di Gaya abitata da centinaia di locali discendenti di quelle che un tempo erano le tribu' del luogo. Una sorata di emarginati che vivono in un grande "Slum" a palafitta circondando quasi l'intero perimetro dell'isola. Passeggiando tra i pontili in assi logori che uniscono una abitazione all'altra conosco un gentile ragazzo che mi dice di chiamarsi Rudy, che vergognato si scusa per tutta l'immondizia e plastica abbandonata che circonda l'abitato e le spiagge, dicendomi che in realta' il governo paga delle persone per ripulire ma non si e' mai visto nessuno a ripulire e cosi questo luogo sta' diventando una sorta di discarica a cielo aperto. Inoltre si raccomanda di non oltrepassare la collina in quanto dall'altra parte su una lingua di sabbia si trova un grosso campo profoghi filippini a palafitta, formato piu' che altro, quanto dice lui da ex pirati e banditi. In realta' senza saperlo ero appena arrivato proprio da quel villaggio, effettivamente un po' piu' disastrata, ma dove ho trovato la stessa e semplice ospitalita' e sorrisi stupiti nel vedere uno straniero che ho trovato in qualsiasi altro luogo.

Dopo aver lasciato un po' a malin cuore questo scorcio di vita reale, eccomi nuovamente a Kota Kinabalu mentre dall’interno di una Guest House per viaggiatori zaino in spalla pigio i tasti di un antiquato compiuter...e’ il 14 di febbraio, San Valentino la festa di tutti gli innamorati, e non solo, qui nell’Estremo Oriente oggi si festeggia il Capodanno cinese che entra nell’anno della Tigre. Dalla mia finestra qui accanto si intravvedono in strada giovani in festa, dragoni cinesi, musicisti, danzatori vestiti di colorati ornameti, bancarelle ricoperte di ogni sorta di cibaria e dolciumi di colori sgargianti. La musica tradizionale di tamburi si mischia alla musica rock e hip hop dei bar e ristoranti che costeggiano la strada, l’asfalto brilla della luce riflessa del sole, io intanto con la mente vago verso nuovi orizzonti e sogni che mi portano con l’immaginazione a percorrere alti vulcani in una delle piu’ belle isole del Sud Est Asiatico, Java, Sumatra nello stato indonesiano, dove tra non molto continuero’ questo mio viaggio e nuova avventura attraverso le bellissime strade di questo nostro fantastico Pianeta.

Sebastiano Ramello

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