EL LOCO NEL MONDO

EL LOCO NEL MONDO
Uno stile di vita

lunedì 8 giugno 2009

I miei ultimi 3 Anni di viaggi (Marzo 2006.....Marzo 2009)

EL LOCO NEL MONDO UN MODO DI VIAGGIARE..... Chi sono...Dove vado..coime vado....
(Tratto da alcuni articoli di viaggio e da appunti del diario personale di Sebastiano)

Il movimento è l'essenza del viaggio,
l'importante non è dove andare,
ma andare.

Reporter e avventuriero di viaggio per passione cosi' si puo' definire Sebastiano Ramello trentaseienne di Centallo della provincia di Cuneo. Del viaggio ne ha fatto la sua vita passando dal Centro America ai luoghi più belli dell'Asia, Europa e nord Africa.
Appena rientrato da una sua ultima avventura di 4 mesi che lo ha visto percorrere nuovamente le vie della sua amata India e Nepal (Novembre 2009), dove ha attraversato il deserto del Thar in Rajastan per oltre 600 Km in 11 giorni, lungo le antiche vie dei nomadi, in parte a piedi e in parte su un carretto trainato da Ramu, un forte dromedario maschio, come facevano i nomadi e i mercanti di un tempo, in compagnia di un vecchio amico, Narat, figlio di nomadi. Con partenza da Pushkar una delle sette città sacre dell'India ha terminato il suo viaggio sotto le bellissime mura del forte di Jaisalmer, costeggiando i confini con il Pakistan. “La mia intenzione è stata quella di riscoprire e percorrere le vie dei nomadi di un tempo nel modo più tradizionale, utilizzando solamente le tecniche di sopravvivenza e di vita dei nomadi del deserto del Thar. Per tutto il periodo del viaggio ho seguito il totale andamento della natura, ogni giorno un'alba e un tramonto diverso, si viaggiava dalle ore 5,30 del mattino alle ore 9 di sera senza quasi mai interruzioni, per poi scaldarci durante le freddi notti davanti a un fuocherello creato utilizzando arbusti , legnetti e sterco di vacca raccolti durante il percorso. Il fuoco ci serviva sia come luce sia per cucinare i nostri pasti a base di chapati (specie di piadine fatte con la farina di grano di mais). I chapati venivano cucinati direttamente nei tizzoni ardenti nollo sterco di vacca, a dire del mio compagno di viaggio Narat sembrava che gli dessero un aroma particolare...fortunatamente il mio stomaco ha resistito. (La prima volta che ho cucinato nello sterco ardente di vacca ho pensato al mio dottore a casa che si è raccomandato di non mangiare verdura non cotta e bere acqua con ghiaccio e ora io ero li a scegliere tra stare a digiuno o mangiare chapati cucinati negli escrementi...la fame era tanta e comunque sembra che lo sterco di vacca possegga il minor numero di batteri in assoluto e comunque all'interno del fuoco ci saranno stati 1000 gradi). Per 10 notti ho dormito sotto un cielo completamente coperto da migliaia di stelle, in parte nella mia piccola tenda nelle notti più umide e fredde (umide in quanto il deserto del Thar è l'unico deserto al mondo dove ad agosto viene alluvionato a causa dei monsoni) e in parte direttamente su una stuoia sulla sabbia. Dove una notte ricordo un simpatico avvenimento: Narat con la paura negli occhi prima di addormentarsi si avvicina a me dicendomi che questa notte avremmo dovuto dormire con un occhio chiuso e uno aperto in quanto il pericolo era in agguato, io perplesso in quanto non sentivo nessun pericolo intorno, lo guardo e gli domando quale sarebbe stato questo grande pericolo, lui mi risponde che l'animale che avevamo incontrato nel pomeriggio durante il nostro percorso, una graziosa volpe del deserto, di giorno non dava nessun timore ma che di notte si sarebbe avvicinata e ci avrebbe arrostiti sputando fuoco, sorridendo rispondo di non preoccuparsi che ci avrei pensato io, e se si fosse avvicinata avrei spento il suo sputo con la mia razione d'acqua, cosi facendo mi girai e mi lasciai andare nel sonno.

Nella sua attraversata non sono mancati gli incontri con la fauna del posto e le popolazioni indigene: “Lungo il percorso – prosegue Sebastiano – mi sono imbattuto in due grossi cobra neri che ne fanno da padroni in questi territori, cani selvatici che normalmente di giorno si vedono banchettare intorno alle carogne di animali morti lungo le piste, iran , antilopi e volpi del deserto, non che nelle zone più verdi pappagallini, uccelli di vari colori e avvoltoi. Ha avuto anche incontri e ospitalità da micro comunità che vivono in piccole capanne circolari dai muri di pietra e terra e il tetto in paglia, mai più di 5,6 capanne circondate da recinti fatti da arbusti spinosi che servono a proteggere gli animali domestici e i bambini dall'attacco di animali selvatici. E' stato un viaggio nel complesso duro ma certamente unico e fantastico che mi ha saputo donare certamente tante nuove emozioni”. Le difficoltà di adattamento non sono mancate: “La parte più risentita è stato il forte sbalzo di temperatura, di notte freddo e di giorno molto caldo, con sbalzi anche di 30 gradi. Tecnicamente la parte più complicata non è stato imparare a condurre il dromedario, ma saperlo curare quando ne aveva bisogno, saperlo imbragare al carretto, capire quando era il momento di fermarsi o continuare, capire ogni suo singolo messaggio e trovare l'acqua per abbeverarlo. Durante questa avventura ho raccolto molto materiale fotografico e video a cui insieme a Igor Ferrero si stà lavorando al montaggio per un futuro documentario di viaggio.
Questa è solo una delle tante avventure passate tra India e Nepal di Sebastiano, tra il 2006 e 2007 ha trascorso più di 14 mesi attraversano l'intero paese dall'estremo sud Kaiakumari all'estremo nord in Ladakh negli altopiani della catena himalayana, nei modi più originali seguendo sempre i suoi sogni e guardando dritto verso l'orizzonte.
La prima parte di questi suoi 14 mesi lo hanno visto discendere in solitaria per circa 160Km su una canoa in tek con una piccola pagaia di legno, le bellissime acque interne delle “Back Waters” in Kerala, sud dell'India. L'avventura è durata 4 giorni, bivaccando 2 notti direttamente sulla piccola canoa sotto una zanzariera che lo proteggeva dai piccoli voraci intrusi e in parte dagli improvvisi acquazzoni notturni, e una notte nel famoso Ashram di Amma che si trova in due grossi palazzi rosa lungo queste acque. Amma è una famosa Guru, una delle poche Guru indiane donne, famosa per andare in giro per il mondo ad abbracciare la gente, ma cosa strana nella sua casa, Ashram, tra i tanti divieti e anche vietato abbracciarsi. Sebastiano racconta: “Sono partito da Allepey e percorrendo canali, laghi principali e alcune deviazioni secondarie ho raggiunto Kollam dove è terminata la mia breve avventura. Tutte le mattine iniziavo a pagaiare intorno alle 5 del mattino fino alle 7 di sera, a volte nella penombra della notte, e a volte nella luce di fantastiche albe, circondato da una natura lussureggiante, piantagioni di palme da cocco, anacardi, manghi con i loro grossi frutti, coloratissimi King Fisher (Martin pescatore), piccoli uccelli simbolo di questo paese. In compagnia a volte di giovani ragazzi con le loro canoe che mi inseguivano al grido “Namastè Italy”. La maggior parte delle volte avvolto dai suoni della natura e dolci melodie provenienti dalle puge serali e mattutine dei templi dei villaggi non lontani, dove i devoti ringraziavano la venuta del sole (Suria) o della luna (Chandra). E' stato sicuramente uno dei miei viaggi più lenti in assoluto, ma proprio questo lento movimento di queste aqcue quasi ferme mi ha dato la possibilità di immergermi totalmente anche se in breve tempo nell'ambiente. A livello tecnico non è stata a mio avviso una grande impresa, tuttavia ho dovuto fronteggiare diversi inconvenienti: il sole cocente, l'alto tasso di umidità nella notte, le improvvise piogge notturne, le voraci zanzare, qualche violenta faida politica tra i villaggi. (la prima notte un uomo e stato accoltellato e ucciso per qualche ragione politica in un villaggio sulla sponda di fronte a dove io bivaccavo, e per qualche strano motivo da me non compreso gli abitanti pensavano che io avessi dato asilo all'assassino..). Organizzazione del viaggio: “è avvenuta direttamente sul posto nella cittadina di Allepey, dove da prima ho tentato di acquistare in tutti i modi una canoa, ma visto che nessuno era d'accordo a vendermela ho optato ad affittarne una, ma anche qui non ho avuto riscontri in quanto nessuno voleva lasciarmi partire da solo per questa mia piccola avventura. Gli abitanti sostenevano che sarebbe stato troppo pericoloso, poiché non conoscevo quelle acque e inoltre vi erano faide politiche tra i villaggi...
Cosi’ dopo alcuni giorni, visto che non riuscivo ad ottenere una canoa, ho optato per una guida con canoa. Tuttavia il giorno seguente ho pensato bene di contattare la polizia del posto per spiegare le mie intenzioni di percorrere parte delle Back Waters in solitaria e domandare se effettivamente esistessero particolari pericoli.
Anche la polizia mi vietò di partire elencandomi gli stessi pericoli già ripetuti dagli abitanti i giorni precedenti. E mi vietò anche di partire con una guida dicendomi che le guide conoscono sì e no questi canali e laghi per un raggio di 20Km, e che poi mi avrebbero sicuramente abbandonato o fatto rientrare con una scusa.
A questo punto senza arrendermi cominciai a raccontar loro storie dei miei viaggi passati, il mio amore per l’India, il mio sogno che mi portavo avanti da 5 anni di navigare le Back Waters in solitaria nel modo più tradizionale. Alla fine convinto forse dalla mia passione, il capo della polizia, si alzò e con un sorriso mandò a chiamare un altro simpatico poliziotto, la guida ufficiale della polizia fluviale sulle Back Waters e gli ordinò di starmi vicino, insegnarmi a navigare su queste acque e quando lui avrebbe deciso che sarebbe stato il momento sarei potuto partire, con lui a precedermi via terra e ad avvertire nei villaggi del mio passaggio, in modo da avere una certa protezione; e cosi poi è stato. L’ultimo giorno di questo mio viaggio nel viaggio, su una lunga spiaggia mi sono riunito a questa gentile persona e insegnante, cosi' abbiamo proseguito insieme pagaiando e navigando per le ultime ore fino a destinazione.
Le acque delle Back Waters sono molto calme, ma durante il giorno, a causa dell’influenza della luna e delle maree, le correnti cambiano: a volte spingono verso sud, a volte nella direzione opposta; e quando le correnti vanno nel verso opposto alla navigazione, con queste pesanti canoe si fa veramente fatica a muoversi. Anche per attraversare i laghi occorre aspettare il giusto svolgersi delle correnti e delle onde in modo da poter scivolare più velocemente sulle acque. Questa mia prima avventura in questo mio straordinario viaggio di oltre 14 mesi è avvenuta intorno alla fine di marzo del 2006.
-Un altro dei miei sogni e obiettivi è stato quello di percorrere l’India a cavallo di una vecchia Enfield, motocicletta anglo-indiana tutt’oggi ancora prodotta con le stesse tecniche degli anni ‘40.
Così lasciate le Back Waters sulla sua sella ho attraversato dapprima il Kerala, Tamil Nadu, Karnataka in compagnia di un amico scrittore americano (Erick) anche lui con il mio stesso desiderio. In un secondo momento ho continuato il viaggio in Rajastan attraverso il deserto del Thar e le bellissime città dei Maharajà, lungo le vie dei nomadi insieme ad un’amica conosciuta in Himalaya, Maria Grazia Coggiola, giornalista ed impavida viaggiatrice residente ormai da 6 anni a Delhi.
Insieme, dopo aver attraversato Jaipur e molti interessanti villaggi lungo la strada, in un giorno di monsoni, nella bella cittadina di Pushkar, dove con la mia famiglia da 8 anni portiamo avanti una piccola "Casa Famiglia" autogestita dal nome "El Loco Nel Mondo" che dà ospitalità a persone meno fortunate, abbiamo ridipinto completamente la Enfield con grossi fiori colorati battezzandola "Flower Power".
Con questa motocicletta abbiamo raggiunto Jodhpur la città blu, Jaisalmer e le dune del deserto verso il confine con il Pakistan che in quel periodo erano interamente allegata a causa di imprevisti e insoliti monsoni. Poi abbiamo raggiunto un grosso Mela nella cittadina di Ramdewra (Raduno religioso dove provenivano migliaia di credenti ogni giorno da tutto il nord del paese in onore al loro santone, “Jei Baba Ri” che si dice si sia fatto seppellire vivo dietro il tempio), a circa 35 Km dalla zona di Pokaran dove vengono effettuati gli esperimenti atomici, poi ancora Bikaner con il suo tempio dei topi dove si dice che chi riesce a vedere l’unico topo bianco è una persona fortunata...io l’ho visto!! E poi villaggio dopo villaggio, tempeste di sabbia e acquazzoni dopo acquazzoni, senza ormai fari e clacson in una notte senza stelle, abbiamo raggiunto Delhi totalmente inzuppati giusto in tempo per partecipare come foto reporter alla "Fashion Week", settimana dell’alta moda, e così documentare l’India che cambia con le sue tante feste mondane intorno a migliai di persone che vivono ancor oggi con 30 Rupie al giorno (50 centesimi di euro).
Altra interessante esperienza in questo viaggio, forse per conto mio la più emozionante, è stata attraversare la catena himalayana indiana in autostop per circa 2.000 Km superando i passi carreggiabili più alti del pianeta, ad oltre 5000m, su camion di ogni genere, e per la gran parte del viaggio su mezzi dell’esercito indiano che controlla i confini con Cina e Pakistan, lungo l’intero territorio del Ladakh e della Spiti Valley. L’idea di questo viaggio mi è venuta a Dharamsala pensando ai racconti di avventure di mio padre in autostop in Europa nella fine degli anni ‘ 60: Dharamsala è la residenza in esilio del Dalai Lama, e qui ho avuto la fortuna e occasione dopo aver viaggiato per un breve periodo ai piedi dell’Himalaya, nella Parvaty Valley, con un giovane amico tibetano fratello adottivo di una cara amica di viaggio, di essere ospite per diversi giorni dai monaci rifugiati tibetani, una esperienza bellissima, si viveva tutti insieme in piccolissime casette di legno e lamiere tra i pini di un splendido bosco circondati da coloratissimi fiori. Io dividevo la stanza di circa 25mq con una bellissima monaca dalla testa rasata, e ogni sera altri monaci venivano a visitarmi e così si discuteva del problema del Tibet e della vita in generale, la bellezza di questo popolo e la loro grande voglia di imparare più che di insegnare.
In questa avventura a pollice alzato ho raggiunto Manali, Leh (a 3500m), il Tso Moriri Lake (un fantastico lago a 4200m), la Nubra Valley con i suoi deserti di sabbia a 3500m, e il passo carreggiabile più alto del pianeta: il Khardong La a 5602m, tentando di sconfinare nella zona proibita sul confine con il ghiacciaio di Siacchen e il Pakistan, la linea di guerra più alta del pianeta (dove da più di 30 anni non si spara un colpo anche se le armi continuano ad essere puntate l'una contro l'altra per il controllo di questa striscia di ghiaccio, e dove ogni anno negli inverni più freddi soldati periscono). Alternando l’autostop a solitari trekking e arrampicate classiche d’alta quota come la cima dello Stok Kangry (6145m) chiamata anche dai locali la montagna elegante, ( io non sono un alpinista), vievere a queste quote è stata per me un' avventura unica che mi ha messo in totale connessione con i miei organi interni e con il mondo che mi circondava. Noi abbiamo cuore, polmoni ecc.. che ogni giorno lavorano a ritmo incessante senza che noi ce ne accorgiamo, ma vi assicuro che oltre i 5000m ci si accorge di averli, ogni respiro è una sofferenza ogni battito dà la sensazione che il cuore debba esplodere da un momento all’altro, a 6000m ogni passo diventa una conquista, e la notte nella tenda si riposa più che dormire, sempre concentrati in una forma di meditazione sul proprio cuore e respiro in modo da controllarli.
Questa parte del viaggio è durata circa 4 mesi, 4 mesi su strade mozza fiato, vere e proprie mulattiere per camion, a picco su alti strapiombi a oltre 5000m, tra villaggi di nomadi con i loro Yak (bufali himalayani) alti picchi innevati e torrenti in piena.
Durante questo viaggio mi viene in mente in modo particolare, una notte di autostop verso la Spiti Valley, una notte nera e piovosa su circa 200Km di strade sterrate lungo pendii e tornanti fino a oltre 4000m su un vecchio camion dalla cabina in legno, prima nel suo cassone e poi accanto all’autista e al navigatore. Quella notte con me in autostop c’era una amica con cui stavo dividendo parte di questa avventura (Maria Grazia Coggiola, giornalista a Delhi), e ad un certo punto intorno alla mezzanotte ci siamo fermati in un punto di controllo dell’esercito, dove l’autista insieme ad alcuni locali si è scolato una bottiglia di alcool fatto in casa, mentre io e la mia compagna del momento a passi felpati e nella oscurità ci avvicinavamo a una piccola abitazione, un cubo di cemento e pietre, e dopo aver bussato a una pesante porta di legno massiccio sulla quale una scritta riportava "Control Point", una voce rauca da un angolo della abitazione ci intima di entrare. La stanza era completamente buia e nell’angolo si scorgeva giusto la fiamma di una candela che illuminava una branda di ferro su cui sdraiato un grosso uomo in mutande e canottiera, su uno sgabello al lato un cappello dell’esercito e una camicia a cachi sgualcita. L’uomo sbadiglia, ci sorride, ci prende dalle mani i passaporti, avvicina la candela alle pagine per veder meglio, scarabocchia qualche cosa su un quaderno, riportante una copertina con un famoso attore di Bolliwood, e sbattendo la testa nel consueto cenno di approvazione all’indiana ci fa segno che possiamo proseguire. A questo punto ci ritroviamo nuovamente nella cabina del camion, la pioggia si fa più forte, lungo la scarpata che costeggia la strada si vedono alcuni camion distrutti e accartocciati sul fondo, l’autista sterza e frena a scatti, più di una volta sfioriamo i burroni, a volte dal finestrino scorgo la terra sotto le ruote aprirsi e scivolare giù nella scarpata. Siamo sul passo a oltre 4000m, guardo l’autista preoccupato, lui mi dice che non sta bene, -forse l’altitudine-, dandogli una leggera gomitata gli rispondo che non è l’altitudine ma la bottiglia di Feni che si è bevuto da poco, e che ora è totalmente ubriaco. Gli faccio cenno che forse è meglio per tutti che ci fermiamo a bivaccare lungo la strada e proseguire il giorno seguente, alla fine lui approva. Ci fermiamo tra le montagne in una zona imprecisata a circa 4000m, cerco un posticino ideale dove piantare la mia piccola tenda lontano da improvvise alluvioni e preparare il bivacco per me e Maria Grazia, l’autista e il vice si addormentano in cabina e noi stretti nei nostri sacchi a pelo per poi risvegliarci l’indomani sotto un cielo dipinto di un azzurro unico, salutare i nostri compagni di viaggio, e cosi’ proseguire a piedi fino al prossimo passaggio.
-Ho anche trascorso circa 3 mesi in Nepal, tra stupendi trekking in quota per raggiungere, sempre in autosufficienza, il campo base (4200m) della stupenda Annapurna, uno dei più affascinanti 8000, una avventura bellissima, faticosa ma non impegnativa, in quanto ormai lungo il trekking a ogni 2 ore di cammino si incontrano villaggi trasformati in Guest House per i trekkers, inoltre al campo base dell'Annapurna all’interno di un ospitale rifugio servono pizza e enchilada....incredibile!.
Ho lavorato come volontario alla costruzione di una semplice scuola di bambù e lamiere in uno Slum, progetto di una ragazza belga che da 5 anni con le sue forze e senza aiuti umanitari porta avanti una piccola scuola all'interno dello Slum di Pokhara. Dopo averla conosciuta e dopo essere stato ospite un giorno, tra le lamiere e le capanne di sacchi di questo luogo ho deciso che le montagne avrebbero aspettato e cosi mi sono tirato su le maniche e con l’aiuto dei bambini e di alcuni abitanti abbiamo rimesso in sesto la scuola, vi assicuro che non è semplice lavorare in questi ambienti fatto di sorrisi ma di tanta disperazione a volte peggiorata dall'alcol e dalla droga che sniffano in semplici sacchetti di plastica....
Una altra interessante esperienza in Nepal è stato seguire il movimento Maoista e ritrovarmi un po’ per puro caso e un po’ per carma...sul palco montato nel centro della città a Durbar Square insieme a Pachandra (capo del gruppo maoista e oggi al governo) a Kathmandu durante la sua prima apparizione in pubblico. Una emozione incredibile essere testimone da quel punto dell’ingresso di migliaia di maoisti (non armati) sventolanti bandiere rosse con falce e martello .
-Sempre in India nel marzo del 2007 ho partecipato come rappresentante, insieme alla giornalista Maria Grazia Coggiola, al cinquantenario della Ambassador, autovettura simbolo di questo paese. Qui su ordine della Hindustan Motor casa produttrice della Ambassador, come rappresentanti ufficiali del cinquantenario, abbiamo avuto il compito di viaggiare nel sud del paese alla guida di questa grossa autovettura chiamata anche simpaticamente dai locali Amby, e così documentare il viaggio, io come fotografo e Maria Grazia come reporter giornalistica, attraversando Kerala, Karnataka e Goa con le sue bellissime spiagge. Guidare una auto del genere su queste strade è un po’ come una partita a un video game... bisogna sempre essere pronti a schivare improvvisi autobus scassati, grossi camion, vacche sacre che riposano sulla mezzeria, carretti trainati da buoi dalle lunghe corna colorate, elefanti con i loro maut, uomini in longhi su biciclette con freni a tamburo.
L’india è un paese unico e fantastico, con una cultura vecchia di migliaia d’anni, piena di colori e pronta a regalare forti emozioni, si può definire più un continente che uno stato, visto che raduna centinaia di religioni e lingue differenti, un paese dove si possono ancora incontrare tradizioni intatte da migliaia danni, come nello stato Del Tamil Nadu mai stato invaso da nessun popolo.
Per chiunque voglia ulteriori informazioni su questo mio viaggio può contattarmi via email: ellocolive@yahoo.it o al mio numero di tel. 335 7028463.
Io intanto mi sto preparando a ripartire per un altra lunga avventura, uno di quelle di cui si conosce la data di partenza ma non quella del ritorno, il tempo sarà dettato esclusivamente dal viaggio...-il viaggio finisce quando sei tu a sentire che è finito-.

Sebastiano Ramello.

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